Ormai Prokof’ev e la sua famiglia sono diventati parigini. Da Parigi partono nuovi progetti e lunghe tournée verso i paesi europei, gli Stati Uniti e – per la prima volta nel 1927 – anche l’Unione Sovietica. E nel 1928 il compositore torna a scrivere per il pianoforte dopo cinque anni. Lo fa con una coppia di brani tanto affascinanti quanto sconosciuti, che intitola Cose in sé op. 45. Si tratta di vere – e quasi private – speculazioni sonore sulla dimensione armonica e sull’invenzione polifonica. Due anni dopo, su commissione del pianista Paul Wittgenstein, Prokof’ev scrive il suo Quarto Concerto per pianoforte e orchestra op. 53 per la mano sinistra. Opera ricchissima di spunti linguistici e strumentali che preannunciano idee e soluzioni poste in atto da altri autori qualche decennio dopo.