Tutto lo splendore della musica strumentale ovvero Quel che ci narrano le Sinfonie. Nove appuntamenti dedicati al repertorio per orchestra fra la seconda metà del Settecento e l’inizio dell’Ottocento, in particolare al genere della “sinfonia caratteristica”. Pagine evocative o descrittive, fra le quali le più celebri sono senza dubbio l’Eroica e la Pastorale di Beethoven, capolavori preceduti da una vasta produzione, oggi purtroppo negletta, ma in grado di offrire invece all’ascoltatore il piacere della scoperta di partiture pregevolissime. A cominciare da Carl Ditters von Dittersdorf .
Al primo ascolto, la musica senza parole può apparirci come qualcosa di astratto. I suoni musicali, di per sé, non costituiscono un vocabolario, non denotano degli oggetti o dei concetti. Per questo, la musica strumentale, a meno che non serva ad altro (ballare, ad esempio), è più rara della musica vocale, la quale, appoggiandosi alle parole, enfatizza il loro significato senza aver la pretesa di inventarsene uno proprio.
Ma non è vero che la musica, di per sé, sia priva di senso. È vero che non può denotare: non esiste un vocabolario che stabilisca equivalenze tra i suoni musicali e i significati. La musica, però, può evocare: può sfruttare la capacità della nostra mente di creare relazioni, associazioni, similitudini.
Quando, a metà del Settecento, sullo scenario pubblico europeo si afferma il nuovo genere della sinfonia, tutto ciò i compositori lo sanno perfettamente. Sanno che il loro pubblico, socialmente più vario rispetto a quello dell’età precedente, ha nelle orecchie una gran quantità di “segni” sonori, ciascuno dei quali è un vero e proprio “luogo comune” (nel senso nobile della retorica antica) che rinvia a un preciso aspetto della vita sociale: la fanfara della guerra, il bordone della pastorale, il corno da caccia, le danze galanti delle corti e quelle popolari delle campagne – solo per fare gli esempi più vistosi –.
In questo ciclo di trasmissioni, scopriremo alcuni ambiti di senso nella musica sinfonica tra Sette e Ottocento; vedremo come già il Settecento avesse inventato, molti decenni prima di Liszt, il sinfonismo a programma; scopriremo piccoli gioielli e veri e propri capolavori sconosciuti; ma soprattutto, ascolteremo con altre orecchie alcune delle pagine sinfoniche più note e amate di sempre.
Marco Mangani
Il ritratto di Carl Ditters von Dittersdorf è di Heinrich Eduard Wintter.
05/09/2022
Per esprimere dei significati, il compositore strumentale del tardo Settecento ha a disposizione due possibilità: imitare i suoni della natura, o richiamare esperienze musicali già compiute dagli ascoltatori, e già associate a precise situazioni − ad esempio, nel teatro dell’opera. Il viennese Karl Ditters von Dittersdorf seppe sfruttare splendidamente entrambe le possibilità, in particolare nel suo ciclo di sinfonie a programma ispirato ad alcuni dei miti classici narrati dal poeta latino Ovidio, tra cui quello di Perseo e Andromeda.
12/09/2022
Con il ritmo e con il profilo melodico, la musica può rendere i moti dell’animo. Accenti spostati e salti tra note distanti, imitando i “rumori” di tempeste naturali, sono, ad esempio, un efficace rappresentazione del tormento interiore. Facendo uso di mezzi già consolidati, ma elaborati con fantasia inaudita, Joseph Haydn aprì in tal senso un’era nuova, in particolare con il successo mondiale arriso alla sua Sinfonia degli addii. A lui, accosteremo vette tormentose di Mozart e di Joseph Martin Kraus, un artista tutto da scoprire.
19/09/2022
Si può fare dell’autobiografia in musica? Suonar di se stessi? Sì, se il successo riscosso da un proprio lavoro precedente è tale da poterlo citare all’interno di un lavoro nuovo con la certezza che tutti lo riconosceranno. A Parigi, Haydn poteva contare sulla notorietà di alcune sue sinfonie, tra cui gli Addii. A Praga, Mozart sfruttò in un suo capolavoro sinfonico il successo che la seconda capitale dell’Impero aveva tributato alle Nozze di Figaro.