04/07 - 23.21
Sergio Fiorentino suona Sergej Rachmaninov. Dopo averlo ascoltato a maggio in brani di Schubert e Schumann, stasera vi proponiamo altre due interpretazioni del pianista napoletano ancora oggi sconosciuto al grande pubblico. Si tratta delle due sonate per pianoforte di Rachmaninov, in cui il concertista-compositore tardo romantico riversa tutto il suo immaginario.
La Sonata n. 1 in re minore op.28 è di rara esecuzione per le difficoltà tecniche che presenta. Composta nel 1906 e rivista più volte, la Sonata viene eseguita la prima volta da Costantin Igumnov nel 1908. Rachmaninov la descrive così: “Questo lavoro è naturalmente selvaggio e come infinito. L’idea base è costituita da due caratteri contrapposti che si richiamano ad un soggetto letterario, il Faust. Naturalmente non ho scritto una musica a programma nel vero senso della parola anche se si comprenderà meglio il senso della Sonata se si terrà presente tale soggetto. Nessuno si azzarderà mai ad eseguire tale lavoro perché è troppo difficile, lungo e discontinuo sul piano musicale. Sono stato tentato di trame una sinfonia ma questo proposito si è rivelato impossibile poiché il motivo è tipicamente pianistico”.
Rachmaninov scrive la Sonata n. 2 in si bemolle minore op. 36 nel 1913 per poi rielaborarla nel 1931 con tagli consistenti. “In questa Sonata – dichiarava il compositore accingendosi alla revisione – ci sono troppe voci che si muovono simultaneamente ed è troppo lunga. La Sonata di Chopin dura diciannove minuti, e dice tutto ciò che c’è da dire». Oltra ei tagli, Rachmaninov semplificò la scrittura eliminando i passaggi più virtuosistici. Vladimir Horowitz ne è stato l’interprete più celebre. Lo stesso Rachmaninov dichiarò che Horowitz suonava “la mia seconda sonata meglio del suo compositore”. E proprio Horowitz è stato tra gli scopritori di Sergio Fiorentino.