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Nikolaus Harnoncourt dirige la Chamber Orchestra of Europe in tre pagine di Ludwig van Beethoven con Pierre-Laurent Aimard al pianoforte.
In apertura troviamo il Concerto n. 2 in si bemolle maggiore op. 19 per pianoforte e orchestra. Scritto nel 1795, questo lavoro dichiara con evidenza il suo debito nei confronti della straordinaria eredità lasciata in questo genere da Mozart.
A seguire il Rondò in si bemolle maggiore per pianoforte e orchestra WoO 6. Scritto due anni prima, il Rondò è stato pubblicato postumo nel 1829. Alcuni storici della musica hanno ipotizzato che in origine fosse destinato al Finale del Concerto n. 2 in si bemolle maggiore op. 19. Quel che è certo è che il Rondò ha in comune con il Concerto la tonalità e la chiara influenza mozartiana.
In chiusura ascoltiamo la Sinfonia n. 8 in fa maggiore op. 93. Beethoven la compose nel 1812 tornando a proporzioni e articolazioni dichiaratamente classiche. Robert Schumann nel 1840 ne scriveva così: “Tra le Sinfonie beethoveniane quella in fa è la meno eseguita e ascoltata: perfino a Lipsia, dove tutte sono conosciute e quasi popolari, si nutre qualche prevenzione proprio contro questa che per profondità umoristica non ha forse l’uguale fra le opere del Maestro”. Non a caso Igor Stravinskij l’apprezzò durante il suo periodo neoclassico. Il musicologo Paul Bekker ne ha sottolineato “l’assoluto superamento della materia verso una forma di pura saggezza speculativa”.