18/07 - 21.15
Herbert von Karajan dirige i Berliner Philharmoniker nella Sinfonia n. 9, ultima pagina compiuta scritta da Gustav Mahler nel 1909 in una registrazione dal vivo del 1982. La partitura si sviluppa in quattro movimenti: Andante comodo – In tempo di Ländler – Rondò/Burleske – Adagio.
Così scriveva alla moglie Alban Berg nel 1912, anno della prima esecuzione postuma della Sinfonia: “Ho suonato di nuovo la Nona di Mahler. Il primo movimento è la cosa più splendida che Mahler abbia scritto. È l’espressione di un amore inaudito per questa terra, del desiderio di vivere in pace con la natura e di poterla godere fino in fondo, in tutta la sua profondità, prima che giunga la morte. Perché essa arriva senza scampo. L’intero movimento è permeato dal presentimento della morte. Si presenta in continuazione. Ogni sogno terreno culmina in questo (da qui la sempre nuova agitazione che cresce impetuosa dopo i passi più delicati), al massimo grado naturalmente in quel passo incredibile in cui il presentimento della morte diviene certezza, in cui la morte stessa si annuncia “con forza inaudita” proprio nel mezzo della più profonda e più dolorosa gioia di vivere. E poi il lugubre assolo di violino e viola e quei suoni soldateschi: la morte in corazza! Contro tutto ciò non c’è più resistenza! Ciò che ancora sopraggiunge mi sembra come rassegnazione. Sempre con il pensiero all’aldilà, che si manifesta proprio in quel passo “misterioso” simile all’aria rarefatta – ancor più in alto delle montagne – sì, come nello spazio che si fa più rarefatto (Etere). E di nuovo, per l’ultima volta, Mahler si rivolge verso la terra – non più alle lotte e alle azioni, di cui si sbarazza (come già nel Lied von der Erde, con i mordenti passaggi cromatici discendenti), bensì soltanto ormai completamente alla natura. Come e quanto a lungo vuole godere ancora delle bellezze della terra! Lontano da ogni fastidio, egli vuole mettere casa nell’aria libera e pura dello Semmerin, per respirare a pieni polmoni questa aria, la più pura di questa terra, con respiri sempre più profondi, perché questo cuore, il più splendido che mai abbia pulsato tra gli uomini, possa espandersi sempre di più, prima di dover cessare di battere”.