15/07 - 11.13
Il fascino scozzese, da Mendelssohn a Bruch, è il protagonisti di questo ascolto con l’Orchestra del Gewandhaus di Lipsia diretta da Kurt Masur.
Cominciamo con la Sinfonia n. 3 in la minore op. 56 “Scozzese” di Felix Mendelssohn-Bartholdy. I quattro movimenti sono: Andante con moto, allegro un poco agitato – Vivace non troppo – Adagio cantabile – Allegro vivacissimo, allegro maestoso assai.
La prima idea per questa sinfonia Mendelssohn la trovò nel 1829 a Edimburgo fra le rovine della cappella dove era stata incoronata Maria Stuarda. Solo tredici anni anni dopo avrebbe visto la luce la partitura definitiva. Aliena da qualunque intenzione descrittiva o folclorista, la sinfonia si propone piuttosto di evocare impressioni e atmosfere di viaggio. Non a caso l’autore prese le distanze dalla musica popolare scozzese, di cui peraltro si ritrovano echi nella composizione. Quello che gli stava a cuore era di intrecciare narrazione e riflessione in un discorso unitario. Da qui anche l’indicazione di eseguire i quattro movimenti senza soluzione di continuità.
Proseguiamo con la Fantasia scozzese op. 46, per violino e orchestra di Max Bruch. I tempi sono: Introduzione – Adagio cantabile – Scherzo, allegro – Adagio – Andante sostenuto – Finale, allegro guerriero. Salvatore Accardo al violino solista.
A differenza di Mendelssohn, Bruch si rivolse dichiaratamente alla musica popolare come a un’inesauribile fonte d’ispirazione. “Come regola una buona melodia popolare vale più di duecento lavori scritti da un compositore. Io non sarei mai arrivato a niente se non avessi studiato la musica popolare di tutte le nazioni con serietà, perseveranza e inesauribile interesse. Nulla può essere paragonato al sentimento, alla forza, all’originalità e alla bellezza del canto popolare… Questa è la strada che bisogna prendere, qui sta la salvezza dei nostri tempi senza melodia”, scriveva Bruch.