11/06 - 18.40
Chiudiamo il nostro pomeriggio con due dei sei Quartetti per archi composti da Béla Bartók tra il 1908 e il 1939. Vera e propria pietra miliare della letteratura cameristica del Novecento, il corpus dei Quartetti del compositore magiaro coniuga tradizione e innovazione. Il patrimonio colto Settecentesco e Ottocentesco vi dialoga con il patrimonio popolare. Si tratta di un laboratorio in cui l’autore dispiega linguaggi consolidati e allo stesso tempo sperimenta nuove possibilità. Li ascoltiamo nell’esecuzione del Quartetto Emerson.
Nel 1928 il Quartetto per archi n. 4 in do maggiore apre una fase nuova del percorso bartokiano improntata alla simmetria compositiva che avrebbe dominato la sua produzione nel decennio successivo. Attraverso l’impiego della cosiddetta “forma ad arco” l’autore articola un tessuto ritmico e dissonante in cinque movimenti che si riflettono tra loro in un visionario gioco di specchi.
Dopo la violenza e la visionarietà formale del Quartetto per archi n. 4, il Quartetto per archi n. 6 sembra aprire a un diverso universo espressivo. Scritto nel 1939 in quattro movimenti, vi domina l’indicazione Mesto e sembra evocare la parte iniziale del Quartetto op. 131 di Beethoven. Ultima composizione importante prima dell’esilio volontario negli Stati Uniti, questa pagina pare chiudere il decennio creativo aperto dal Quarto Quartetto nel clima cupo della guerra e della perdita della madre.