03/06 - 20.30
La nostra prima serata è dedicata a Roméo et Juliette, Sinfonia drammatica op. 17 per soli, coro e orchestra di Hector Berlioz. Ne proponiamo la prima parte nell’esecuzione della Boston Symphony Orchestra diretta da Seiji Ozawa con il mezzosoprano Julia Hamari, il tenore Jean Doupouy, il basso José van Dam e il New England Conservatory Chorus in una registrazione del 1975.
Questo lavoro non è un’opera da concerto, né una cantata, ma una Sinfonia con cori. Anche se il canto figura sin dall’inizio, esso deve preparare l’animo dell’ascoltatore alle scene drammatiche in cui i sentimenti e le passioni sono espresse dall’orchestra. Ciò inoltre serve per introdurre un pò alla volta nello sviluppo musicale le masse corali, la cui improvvisa apparizione potrebbe nuocere all’unità della composizione. Così il prologo, sull’esempio di quello del dramma shakespeariano, vede il coro esporre l’azione e cantare a più voci. Più lontano (fuori dalla scena) si ascolta il coro maschile dei Capuleti; poi nella cerimonia funebre il coro maschile e femminile dei Capuleti. All’inizio del finale si ascoltano i due cori completi dei Capuleti e dei Montecchi, insieme a padre Lorenzo; poi tutti e tre i cori.
L’ultima scena di riconciliazione delle due famiglie appartiene all’opera o all’oratorio e non è stata mai rappresentata in teatro dai tempi di Shakespeare; è molto bella e musicale e corona degnamente un componimento di alto sentire, quale il musicista non potrebbe immaginare più elevato. Se nelle celebri scene del giardino e del cimitero i dialoghi dei due amanti non sono affidati al canto, se i duetti d’amore fra Giulietta e Romeo sono espressi con l’orchestra, le ragioni sono molte e facile a capirsi. Anzitutto, perché si tratta di una Sinfonia e non di un’opera. Poi perché i duetti di questo tipo debbono trovare un modo di espressione, diverso da quello usato da altri grandi maestri. In fondo, in casi del genere il linguaggio strumentale si dimostra più ricco e più vario, più potente nel descrivere i sentimenti sublimi dell’amore.
Hector Berlioz