26/06 - 12.40
Dimitri Mitropoulos dirige pagine di Alexander Skrjabin e di Dimitri Šostakovič alla testa della Philharmonic-Symphony Orchestra of New York.
In apertura troviamo Il poema dell’estasi op. 54, scritto da Skrjabin tra il 1905 e il 1907 traducendo il nucleo ispiratore di carattere teosofico in una sorta di forma sonata fuori scala a cui un’orchestra mastodontica offre mille colori.
A seguire Prometeo, il poema del fuoco op. 60, attraversato da una tensione mistica in cui gli slanci teosofici si traducono in sperimentalismo sinestetico. Al punto che Skrjabin definisce il suo Prometeo “la sinfonia delle luci” e immagina una tastiera luminosa in cui a ogni nota è collegato un colore. Al pianoforte Leonid Hambro.
In chiusura la Sinfonia n. 5 in re minore op. 47 che Šostakovič scrisse nel 1837 per il ventesimo anniversario della Rivoluzione d’Ottobre. Si tratta di un atto d’ammenda, come rivela il sottotitolo Risposta pratica di un compositore a una giusta critica. Acclamata dalla critica sovietica come “la sinfonia del socialismo”, la Quinta ostenta, come ricordava Šostakovič, un “giubilo forzato, frutto di costrizione, esattamente come nel Boris Godunov. È come se qualcuno ti picchiasse con un bastone e intanto ti ripetesse: “Il tuo dovere è di giubilare, il tuo dovere è di giubilare”, e tu ti rialzi con le ossa rotte, tremante, e riprendi a marciare bofonchiando: “Il nostro dovere è di giubilare, il nostro dovere è di giubilare”. Si può dunque definirla un’apoteosi, quella della Quinta? Bisogna essere completamente sordi per crederlo”.