20/03 - 18.40
L’undicesima puntata del ciclo Il clavicembalo ben temperato, un mito senza tempo, a cura di Claudio Proietti, è dedicata a Ščedrin e Kapustin.
Ancora alla fine del ventesimo secolo, quasi trecento anni dopo la sua canonizzazione da parte di J.S. Bach, la forma Preludio e Fuga continua ad affascinare compositori di ogni origine, cultura ed età e così a generare tutti gli anni centinaia di nuove composizioni. È il caso di due eccellenti artisti russi entrambi autori di un ciclo di 24 Preludi e Fughe per pianoforte.
Il primo è Rodion Ščedrin. Figura importante della vita musicale sovietica e post-sovietica, compositore poliedrico e di solida fortuna internazionale. Eccellente pianista egli stesso, influenzato dall’analogo lavoro di Šostakovič, realizzò fra il 1964 e il 1970 una serie in cui riesce a coniugare tonalismo, formule compositive moderne e aperte, rigore tecnico nelle fughe e carattere improvvisativo e aforistico nei preludi.
Il secondo è Nikolaj Girševič Kapustin, che nel 1997 compie un’impresa analoga, applicando però il linguaggio compositivo del quale era diventato alfiere da quasi un ventennio: quello del jazz. Certo, un jazz un po’ in salsa russa, quello consentito dal regime sovietico. E soprattutto un jazz che cerca di innestare in una forma codificata e rigidamente strutturata come la fuga, la vivacità di uno stile improvvisativo e swingato. Il risultato è un po’ curioso, ma assai significativo e coinvolgente. Come sempre in questi casi di ibridazione stilistica, il rischio è di scontentare sia i puristi del jazz (“Dio mio, musica scritta; e l’improvvisazione?”) che quelli del contrappunto classico (“È impossibile seguire il decorso delle voci e poi dove sono i divertimenti?”), ma vale la pena di correrlo.