Francesco Dilaghi traccia un percorso, necessariamente antologico, sulla forma del concerto per pianoforte e orchestra, da Bach a Bartók.
Qual’è l’etimologia della parola “concerto”: aspra contesa o intreccio pacifico? Vivace contrapposizione o accordo armonioso? Entrambe sono possibili, ed è forse proprio questa la ragione del successo di questo genere strumentale in cui lo strumento a tastiera dialoga con la multiforme compagine dell’orchestra dai mille diversi aspetti.
Una forma che ha conosciuto una crescente fortuna soprattutto tra la fine del ‘700 e tutto il secolo successivo. E che solo verso la metà del Novecento sembra aver perso quella posizione di centralità nel repertorio e nel favore del pubblico.
Questo primo ciclo va da J.S. Bach a Mozart. La nascita del concerto pianistico si può infatti far risalire a J.S. Bach. Anche se con Bach la tastiera è ancora quella del clavicembalo, e anche se queste composizioni nascono come trascrizioni di precedenti lavori, è pur vero che sono entrate stabilmente nel repertorio del pianoforte moderno. Dopo il momento dallo ‘stile galante’ – sorta di “interregno” tra barocco e classicità, nel quale hanno avuto un ruolo di primo piano i figli di J.S. Bach – è con Mozart che la forma del concerto in epoca classica trova la sua maggiore affermazione. Nessun altro musicista è riuscito a creare così tanti capolavori in un arco di tempo così ristretto.
Intento non secondario di questo percorso, che attraversa oltre due secoli di musica, è proprio quello di esplorare il terreno, mettere a fuoco il contesto nel quale questi capolavori fioriscono. Di dare spazio anche a opere meno note e introdurre ogni volta uno di questi più conosciuti e amati capolavori: che si potrà ascoltare, alla fine di ogni puntata del ciclo, nel normale palinsesto della radio.
01/11/2021
Alle origini del concerto pianistico troviamo la grande figura di J.S. Bach, anche se certamente già coadiuvato dai suoi due figli maggiori Wilhelm Friedmann e Carl Philip Emanuel. In realtà questi concerti destinati al clavicembalo, ma entrati anche nel repertorio del moderno pianoforte, nascono come trascrizioni di altre precedenti composizioni per venire incontro alla pressante richiesta di musica di una società di musicofili di Lipsia, il Collegium Musicum. Anche i concerti “per organo o clavicembalo” di Haendel nascono come trascrizioni e adattamenti, anche se non sono mai entrati nel repertorio del pianoforte.
08/11/2021
I due figli maggiori di Bach, Wilhelm Friedmann e Carl Philipp Emanuel, ebbero parte attiva, forse anche come interpreti, nella realizzazione dei Concerti destinati alle esecuzioni del Collegium Musicum di Lipsia: e in seguito coltivarono e interpretarono questa forma partendo dal modello paterno, ma per poi svilupparla in modo originale. Fu però il figlio più giovane, Johann Christian, a coltivare il genere del concerto – adesso con il fortepiano al posto del clavicembalo – e a rinnovarlo radicalmente adattandolo alla nascente forma sonata, e aprendo la strada al concerto classico e a Mozart in particolare
15/11/2021
Dalla Germania dei Bach, il genere del concerto per strumento a tastiera e orchestra trova terreno fertile anche nell’Impero Austro-Ungarico. A Vienna musicisti quali Wagenseil – autore stranamente ignorato anche dalla discografia – e Schroeter adattano a questa forma i nuovi dettami di gusto dello “stile galante”, in termini analoghi e paralleli alle raccolte di concerti pubblicate negli anni ‘70 da Johann Christian Bach; ma è soprattutto Haydn che, nella sua produzione più matura, si affianca ai primi capolavori del giovane Mozart: i concerti per pianoforte e orchestra di Haydn restati in repertorio sono soprattutto tre, tra i quali spicca decisamente il Concerto in re maggiore.