La fortuna di Dante coi musicisti ha stentato a mostrarsi. Fino al Cinquecento il paradigma indiscusso della poesia destinata alle intonazioni musicali fu quello rappresentato da Petrarca col Canzoniere. Questo primato della poesia lirica su quella epica fu quasi insormontabile. Forse perché il pluristilismo di Dante destava imbarazzi estetici ai canoni classicistici del Rinascimento. Fu Vincenzo Galilei, padre del grande scienziato, il primo musico a indirizzare il proprio interesse al verso di Dante. Capaci di suscitare emozioni drammatiche, i versi danteschi si rivelarono adatti a un nuovo modello di declamazione cantata, che ben presto sarebbe stata chiamata “recitar cantando”. L’intonazione del Canto del Conte Ugolino realizzata da Galilei nel 1570 è purtroppo andata perduta. Ma servì a porre le basi della monodia accompagnata in quegli esperimenti fiorentini che nel giro di trent’anni avrebbero portato alla nascita del teatro musicale.
È con il 19esimo secolo che Dante ritrova la sua centralità grazie a un culto, diffuso in tutta Europa, inseparabile dalla nuova sensibilità romantica e dalla riscoperta della cultura medioevale. Le dodici trasmissioni dedicate alle ispirazioni musicali tratte dalla Commedia e dalla Vita nuova partono dunque da Galilei. Si passa poi al mito dantesco coltivato in primo luogo da Liszt. A lui si aggiungono gli operisti italiani, limitatamente però alle scene appassionate o raccapriccianti di Paolo e Francesca e Ugolino. Fino ad arrivare alla riscoperta preraffaellita del Dante giovane nel romanzo di formazione della Vita nuova. E al trionfo tardoromantico di traduzioni dantesche in grandi pannelli sinfonici.
Il capitolo più avvincente è però quello che matura nella seconda parte del Novecento e si spinge fino ai giorni nostri. Un numero sempre crescente di musicisti contemporanei si è lasciato sedurre dai paesaggi sonori della Commedia e si è spinto oltre le pur grandiose figure infernali che tanto avevano acceso la fantasia ottocentesca.
L’audace, per molti aspetti temerario, confronto col verso di Dante ha toccato finalmente le atmosfere liriche del Purgatorio e le ancor più inaccessibili vette sonore del Paradiso.
Due grandi italiani del secondo Novecento, Luciano Berio e Salvatore Sciarrino, sono stati i pionieri di un rinnovato e fecondissimo confronto fra l’immaginazione musicale e le vertigini poetiche dell’immensa partitura di rumori, suoni e celestiali armonie alla quale, davvero, «ha posto mano e cielo e terra».
Alberto Batisti